Vivian Maier. Una fotografa ritrovata.
Una bambinaia che durante il tempo libero prendeva la sua macchina fotografica Rolleiflex e un apparecchio Leica IIIc e andava in giro incorniciando nei suoi rullini ciò che la vita quotidiana raccontava intorno a lei. Della sua attività artistica non si è saputo quasi niente durante la sua vita. La povertà, la morte, i rullini dimenticati e destinati all’oblio; fino a quando, un ragazzo, John Maloof ritrovò in un box un vero e proprio tesoro fatto di negativi. Una storia bellissima, fatta di chiaroscuri, di talento, di istantanee fissate mai a caso, di autoritratti e di prospettive. Che la sua sia la radice della Street Photography? In molti credono di sì. Una grande retrospettiva finalmente, quella che racconta l’eccelsa e mai scontata fotografa Vivian Maier, una donna che attraverso i suoi scatti ha raccontato il suo mondo e le sue città, la sua visione della vita. Uno sguardo continuo e attento sul suo raggio che l’occhio sempre vigile disegna. New York e Chicago soprattutto, ma anche Los Angeles, sono descritte con i suoi scatti in bianco e nero, che raccontano il gesto, il particolare, l’attenzione per il mirabile e per l’in-arrivabile. La dimostrazione teorica e pratica del paradosso in cui ‘quando non si è si diventa’, è racchiuso nei suoi scatti d’eccezione. La Maier non scattava per gli altri. Scattava per se stessa e solo per se stessa. Basti pensare infatti che nessuna delle sue fotografie è stata pubblicata né esposta nel mentre era ancora in vita; è una ricerca intima la sua, una finestra personale e puntigliosa, mai banale né pedissequa sul mondo che la circonda. La sua è una fotografia intrisa di mistero e di domande, in cui la sua immagine, riflessa in autoritratti più o meno enigmistici, sembra presenziare come un io inconscio ma demiurgo dei suoi stessi occhi. La fotografia della Maier ha ispirato non volendo entrambi le biforcazioni dell’osservazione - l’amante dell’imperfezione e della perfezione allo stesso tempo -, conclamando di fatto un percorso intimo e personale - decisamente austero – che si racconta in una bellissima mostra intitolata ‘Vivian Maier. Una fotografa ritrovata’. La mostra, che proseguirà fino all’8 ottobre presso Palazzo Ducale a Genova, è promossa dal Comune di Genova, dalla Regione Liguria e dal Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, ed è prodotta da Civita Mostre, realizzata da diChroma Photography in collaborazione con la Fondazione FORMA per la fotografia. La mostra è curata da Anne Morin e da Alessandra Mauro.
Alessandro Schiavetti
Curatore e Co-Founder di ArtsAndProgress
Una bambinaia che durante il tempo libero prendeva la sua macchina fotografica Rolleiflex e un apparecchio Leica IIIc e andava in giro incorniciando nei suoi rullini ciò che la vita quotidiana raccontava intorno a lei. Della sua attività artistica non si è saputo quasi niente durante la sua vita. La povertà, la morte, i rullini dimenticati e destinati all’oblio; fino a quando, un ragazzo, John Maloof ritrovò in un box un vero e proprio tesoro fatto di negativi. Una storia bellissima, fatta di chiaroscuri, di talento, di istantanee fissate mai a caso, di autoritratti e di prospettive. Che la sua sia la radice della Street Photography? In molti credono di sì. Una grande retrospettiva finalmente, quella che racconta l’eccelsa e mai scontata fotografa Vivian Maier, una donna che attraverso i suoi scatti ha raccontato il suo mondo e le sue città, la sua visione della vita. Uno sguardo continuo e attento sul suo raggio che l’occhio sempre vigile disegna. New York e Chicago soprattutto, ma anche Los Angeles, sono descritte con i suoi scatti in bianco e nero, che raccontano il gesto, il particolare, l’attenzione per il mirabile e per l’in-arrivabile. La dimostrazione teorica e pratica del paradosso in cui ‘quando non si è si diventa’, è racchiuso nei suoi scatti d’eccezione. La Maier non scattava per gli altri. Scattava per se stessa e solo per se stessa. Basti pensare infatti che nessuna delle sue fotografie è stata pubblicata né esposta nel mentre era ancora in vita; è una ricerca intima la sua, una finestra personale e puntigliosa, mai banale né pedissequa sul mondo che la circonda. La sua è una fotografia intrisa di mistero e di domande, in cui la sua immagine, riflessa in autoritratti più o meno enigmistici, sembra presenziare come un io inconscio ma demiurgo dei suoi stessi occhi. La fotografia della Maier ha ispirato non volendo entrambi le biforcazioni dell’osservazione - l’amante dell’imperfezione e della perfezione allo stesso tempo -, conclamando di fatto un percorso intimo e personale - decisamente austero – che si racconta in una bellissima mostra intitolata ‘Vivian Maier. Una fotografa ritrovata’. La mostra, che proseguirà fino all’8 ottobre presso Palazzo Ducale a Genova, è promossa dal Comune di Genova, dalla Regione Liguria e dal Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, ed è prodotta da Civita Mostre, realizzata da diChroma Photography in collaborazione con la Fondazione FORMA per la fotografia. La mostra è curata da Anne Morin e da Alessandra Mauro.
Alessandro Schiavetti
Curatore e Co-Founder di ArtsAndProgress